documenti consultabili:
sintesi degli
interventi
atti del
convegno
fotocronaca
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Il Convegno di studi "Ante et post Lunam:
reimpiego e ripresa estrattiva dei marmi apuani - II - L'evo medio" - tenutosi
all'interno della XXVI edizione della manifestazione fieristica
"Carraramarmotec" - ha rappresentato un ulteriore importante
contributo alla conoscenza del patrimonio archeominerario delle Alpi Apuane, con
l'obiettivo di contribuire all'istituzione del "Parco archeologico delle Alpi Apuane".
Introduzione
del secondo Convegno
Secondo
atto di “Ante et post Lunam”,
il convegno a cadenza biennale dedicato alla storia del marmo apuano.
L’evento del 2005, all’interno di CarraraMarmotec,
ha dato modomodo a studiosi e ricercatori di
ricostruire il difficile intreccio di vicende legate al reimpiego
e alla ripresa estrattiva nei bacini apuani e nelle
vicine città nel corso del Medioevo.
Ancor prima del Mille, le rovine di edifici
d’età imperiale e i depositi abbandonati sono i primi luoghi di
sfruttamento della “luxuriosa materia”
accumulata dalla civiltà romana. Dall’XI-XII secolo l’interesse si
rivolge direttamente agli agri marmiferi, a Carrara e in Versilia, riproponendo tecniche e competenze dimenticate e forse
conservate a fatica in qualche luogo del Mediterraneo. Il basso Medioevo vede
poi il fiorire di botteghe artigiane, mentre le cave apuane si pongono al
vertice di una filiera produttiva che assicura il rinascimento delle arti e
dell’industria.
Il Convegno si è tenuto sabato 4 giugno, alle ore 9.30 presso la Sala Convegni
principale del Complesso fieristico di Marina di
Carrara. Il programma ha visto gli interventi di eminenti
figure della “marmologia storica”
italiana, tra cui Marco Franzini, Giovanna Tedeschi Grisanti, Tiziano Mannoni,
Patrizio Pensabene, Caterina Rapetti.
Presentazione del
secondo Convegno "Luci e ombre dell'archeologia apuana"
Questo secondo appuntamento dei Convegni di
“Ante et post Lunam”
– dedicato al “Reimpiego e alla
ripresa estrattiva” nel Medioevo – cade in un periodo di alterne fortune per l’archeologia dei marmi apuani. Da un lato persiste ancora l’incertezza
sull’avvio del ‘Parco archeologico’,
che non riesce ad ottenere la firma del decreto istitutivo, dopo anni di
paziente ricerca di consenso e lavoro istruttorio. Dall’altro lato stanno
per concretizzarsi i primi interventi di conservazione e valorizzazione sul
territorio, che si accompagnano ad una serie fortunata di scoperte
archeologiche, a conferma di presenze e testimonianze significative.
Riguardo all’annosa questione del ‘Parco
archeologico delle Alpi Apuane’, l’ultimo
atto del Ministro dell’Ambiente, in risposta ad una specifica
interpellanza dell’On. Elena Cordoni (e di altri 34 cofirmatari), data il
15 dicembre 2004 e motiva la mancata emanazione del decreto istitutivo con la
necessità di “un’opportuna chiarificazione normativa e procedurale”,
dato che – a parere dell’On. Altero Matteoli
– non esisterebbero norme per introdurre organismi di gestione
provvisoria e sarebbe impossibile concludere l’iter costitutivo del
Consorzio del Parco nei tempi previsti dalle norme transitorie.
In tutta onestà le motivazione addotte ci risultano
deboli e per niente sostanziali, anche perché i Parchi archeominerari
e geominerari ‘gemelli’ della Sardegna,
dell’Amiata e delle Colline metallifere grossetane
– scaturiti dal medesimo art. 114 della L.
n. 388 del 23 dicembre 2000 – sono stati lo stesso istituiti e
ricevono i contributi annuali per il loro funzionamento.
Le Apuane sono dunque rimaste da sole al palo, ma non per questo è venuto meno
l’impegno a conservare e valorizzare – per quanto possibile e con
le risorse a disposizione – “gli antichi siti di escavazione e i beni di rilevante testimonianza storica,
culturale e ambientale connessi con l’attività estrattiva”,
limitatamente a quella porzione di territorio apuano
che appartiene al ‘Parco naturale’ e alla
sua area contigua.
In attesa del decreto istitutivo del ‘Parco archeologico’ la normativa regionale e i
finanziamenti comunitari consentono lo stesso di concretizzare iniziative di
tutela e di valorizzazione. Non a caso, nel prossimo mese di luglio, verrà aperta al pubblico l’area archeomineraria
delle Cave di bardiglio della Cappella (Comune di Seravezza) e a dicembre è
prevista l’inaugurazione di una sezione museale,
dedicata alla storia della produzione lapidea, presso la “Foresteria del
Parco” a Levigliani di Stazzema.
In attesa del decreto istitutivo, l’Ente Parco
ha deciso di “elevare comunque a sistema e collegare a rete”
tutte le iniziative di valenza storica, culturale e ambientale che, in questi
anni di grande sforzo di pianificazione e di gestione territoriale, sono state
poste in essere per introdurre e agevolare il ‘Parco archeologico’.
Le aree espositive e i recuperi ambientali di siti estrattivi sono stati
ricondotti all’interno di un ‘Sistema museale associativo di archeologia mineraria’
che, al momento e nostro malgrado, sostituisce la più ambiziosa ipotesi di
‘Parco archeologico delle Alpi Apuane’.
La via possibile di una tutela e valorizzazione che parte dal basso, con le
istituzioni territoriali attive, in accordo con le strutture ministeriali
periferiche, è un modello che, gioco forza, si sta imponendo anche nelle zone
extra-giurisdizione dell’Ente Parco. Valga qui l’esempio
qualificante del Comune di Carrara e, in particolare, del suo ‘Ufficio Marmo’, che assicura una presenza ricorrente sui
cantieri estrattivi, da cui il recupero e la conservazione presso il civico
‘Museo del Marmo’ di numerosi reperti e
materiali archeologici residuati dall’impresa estrattiva romana. Il
risultato si deve, quasi del tutto, al positivo
rapporto di collaborazione tra enti e, soprattutto, tra funzionari
partecipativi, tra i quali è doveroso citare la Dott.ssa
Emanuela Paribeni della
Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana e il Dott.
Antonino Criscuolo del Comune di Carrara. A dire il
vero, sulla stampa locale e su riviste specializzate sono comparsi altri nomi,
accreditatisi o ritenuti responsabili, in positivo, di
questi interventi di conservazione, benché il loro ruolo effettivo, nelle
ultime vicende, sia paragonabile, più o meno, alla “mosca
cocchiera” della famosa fiaba di Fedro.
Di recente, proprio i bacini e i ‘ravaneti’ di Carrara hanno
restituito ulteriori notae lapicidinarum, riferibili sia all’età del
possesso coloniale delle cave, sia al successivo periodo dell’impresa
estrattiva imperiale. Il numero in stampa di Acta Apuana contiene un articolo che
documenta gli ultimi rinvenimenti, tra i quali di particolare interesse è
un’iscrizione su roccia, con valore di pittacium,
o comunque di delimitazione dell’area di concessione estrattiva, in cui
forse i due antichi operatori di cava, ricordati nella nota, hanno
voluto lasciare un’invocazione gaudente a Bacco: Liber
utriusque laetitia.
Ancora da Carrara arriva, in anteprima mondiale, la notizia della prima
sperimentazione, in ambito archeologico, di un nuovo metodo di cronologia
assoluta, basato sugli isotopi cosmogenici e qui
applicato ad una superficie di taglio di cava romana, rimasta esposta fino ad
oggi. La ricerca è stata condotta in collaborazione con un’università
statunitense dell’Indiana e ha preso a riferimento il Cloro-36, già
utilizzato in geomorfologia per datare i depositi glaciali. Nel nostro caso, si
è ottenuto il risultato eccezionale di 2000 ± 80 anni di età
per il sito estrattivo romano di Fossacava.
L’inizio della sperimentazione è più che promettente, anche se il metodo
attende nuove conferme ed opportune tarature per la scala dei tempi storici.
La carrellata di notizie di scoperte e rinvenimenti utili per
l’archeologia apuana, non poteva tralasciare i quattro ‘cippi a clava’ venuti da poco alla luce a Pietrasanta, in
circostanze del tutto particolari che qui è prematuro
dire.
Il Corpus versiliese di queste prime produzioni
marmoree – databili al VI-V sec. a. C. – raggiunge così il numero significativo
di 19 esemplari (considerando pure le forme ‘emisferiche’). Una
doverosa anticipazione d’analisi archeometrica
conferma la presenza di affini caratteristiche petrografico-microstrutturali tra gli ultimi reperti e il
gruppo complessivo rinvenuto a suo tempo in vari luoghi della Versilia,
trovando corrispondenze in situ con il
vicinissimo bacino marmifero di Ceràgiola (Comuni di
Pietrasanta e Seravezza).
Quest’ultimo risultato va ancora sicuramente a
vantaggio di quanti – Maggiani, Bonamici, Paribeni e Mannoni in primo luogo – si sono da sempre espressi
per un’origine estrattiva preromana e locale
delle acheronticae columellae
e segna nel contempo un punto a sfavore per altri, che continuano a negare
questa evidenza luminosa dei fatti, un po’ per accademica supponenza, un
po’ per riottoso municipalismo. Gli
“eburnei dissenzienti” sono stati ripetutamente invitati al
confronto delle idee e dei fatti, senza mai ottenere il minimo segno di
disponibilità e di cortese riscontro.
L’Ente Parco ha offerto e continua ad offrire lo spazio e la tribuna di
“Ante et post Lunam”
anche a chi la pensa in maniera differente, poiché è consapevole che il valore
dell’iniziativa stia soprattutto nella coralità e nella pluralità degli
interventi proposti, nell’assenza di interessi
di parte o di bottega, considerando il fenomeno “marmo” nella sua
complessità storico-culturale ed economico-sociale, che abbraccia più epoche e
più luoghi, senza preferirne alcuno.
Antonio
Bartelletti
Direttore
Parco Regionale delle Alpi Apuane
Programma
del Convegno
ore 9,30 – indirizzi di saluto
ore 10,00 – introduzione
coordina i lavori:
Pierlorenzo Secchiari (Presidente Comitato Scientifico Parco Alpi Apuane)
ore 10,10 – inizio Convegno
Patrizio Pensabene (Università "La Sapienza" Roma):
Reimpiego di marmi antichi nell’Italia
centro-
meridionale
durante il Medioevo
Giovanna Tedeschi Grisanti (Università Pisa):
Marmi lunensi
di età romana reimpiegati a Pisa durante
l’alto
Medioevo
Rita Lanza, Tiziano Mannoni,
Olivia Ratti
(ISCUM Genova): I marmi dell’Abbazia
di San Caprasio (Aulla)
ore 11,20 – coffee break
ore 11,40 – prosecuzione Convegno
Marco Franzini (Università di Pisa): La ripresa
dell’estrazione del marmo nella Toscana occidentale
in epoca medievale
Antonio Bartelletti, Alessia Amorfini, Emma Cantisani, Fabio Fratini, Andrea Tenerini (Parco Alpi Apuane,
CNR ICVBC Firenze, Istituto Storico Lucchese): Aspetti e problemi
dell’escavazione del marmo in
Versilia nel Medioevo
Sergio Mancini
(Geologo - Stone advisor): Note
geologiche su due marmi rari del carrarese: il Nero di
Colonnata e il Rosso di
Castelpoggio
ore 12,40 – pausa
ore 15,00 – ripresa Convegno
Tiziano Mannoni (ISCUM Genova): Genova e il
marmo lunense nel Medioevo
Lorenzo Lazzarini (Università Venezia): I marmi carraresi nei monumenti rinascimentali veneziani
Caterina Rapetti (Università Parma):
Novità su Andrea Guardi a Carrara
Claudio Giumelli (Accademia Belle Arti Carrara):
Artisti e artigiani del marmo nell'evo medio:
i Magistri doctissimi
Paolo Emilio Bagnoli (Gruppo Archeologico Pisano): Manifestazioni di arte
rupestre sulle Alpi Apuane
centrali
ore 16,40 – conclusioni
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L’opera,
ricca di illustrazioni e di contributi originali, è stata curata da
Antonio Bartelletti e Alessia Amorfini come numero monografico di
Acta apuana, la rivista scientifica del Parco Regionale delle Alpi
Apuane. Questo volume, di oltre 128 pagine e 8 tavole a colori, ha dato
modo a diversi studiosi e ricercatori di ricostruire il difficile
intreccio delle vicende storiche legate al reimpiego del marmo in
diverse città italiane e alla ripresa estrattiva nei bacini apuani nel
corso del Medioevo.
La storia ricorda che, già avanti il Mille, le rovine di edifici d’età
imperiale e i depositi abbandonati sono stati i primi luoghi di
sfruttamento del marmo: la “luxuriosa materia” accumulata dalla
civiltà romana. Dall’XI-XII secolo, l’attività di reperimento della
materia prima si è rivolta direttamente agli agri marmiferi, a Carrara e
in Versilia, riproponendo tecniche e competenze dimenticate e forse
conservate a fatica in qualche luogo del Mediterraneo. Il basso Medioevo
ha visto poi il fiorire di botteghe artigiane, mentre le cave apuane si
sono poste al vertice di una filiera produttiva che assicurava il
rinascimento delle arti e dell’industria.
Tra le novità e gli argomenti di rilievo del volume si segnala, per
l’Alto Medioevo, il reimpiego di marmi apuani, forse provenienti dalla
spoliazione dei monumenti di Luni, nell’Abbazia di S. Caprasio di Aulla.
Altri contributi hanno poi verificato, in base ai lapidei utilizzati in
edifici religiosi della Toscana nord-occidentale, come la ripresa
estrattiva nelle cave di Carrara e della Versilia sia da riferirsi alla
prima metà del XII secolo. Per il tardo Medioevo poi, diversi articoli
documentano l’intensità di traffici che, soprattutto per mare,
conducevano ingenti
quantità di marmo delle Alpi Apuane verso Genova,
Pisa e altre città italiane.
La presentazione del volume e la sua distribuzione gratuita agli
intervenuti, sono fissate per sabato 2 giugno, alle ore 15.00 presso la
Sala Convegni principale del Complesso fieristico di Marina di Carrara.
Il compito di illustrare criticamente gli Atti di Ante et post Lunam,
è affidato alla prof.ssa Franca Leverotti, docente di storia
medievale all’Università di Milano-Bicocca.
Le iniziative di “Ante et post Lunam” – convegni e pubblicazioni
compresi – hanno come obiettivo principale l’apporto di contributi
conoscitivi e di stimoli al progetto di “Parco archeologico delle Alpi
Apuane” che, previsto dalla L. n. 388 del 2000, non ha ancora visto
concludere il proprio iter istitutivo per ragioni incomprensibili.
Nonostante interventi autorevoli prefigurino un futuro per il marmo
apuano sempre più legato ai propri valori storico-culturali e alla
fruizione turistica dei luoghi della produzione, si rileva un ritardo
irrazionale sull’unico vero progetto esistente e capace di elevare a
sistema di conservazione e valorizzazione i siti e i beni lasciati da
una bimillenaria attività di lavorazione del marmo, a Carrara e dintorni.
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